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Aneurisma Cerebrale
Introduzione
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La parola aneurisma deriva dal greco aneurysma (ana – attraverso, eurys – dilatarsi) e identifica una dilatazione anomala di un’arteria. Gli aneurismi cerebrali possono coinvolgere sia la circolazione anteriore, nelle arterie cerebrale anteriore, comunicante anteriore, cerebrale media, che la posteriore o vertebro-basilare nelle arterie cerebrale posteriore, comunicante posteriore, basilare e vertebrale.
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Gli aneurismi intracranici sono distinti in sacculari (a bacca) o non sacculari sulla base della loro forma ed eziologia, gli aneurismi non sacciformi comprendono gli aterosclerotici, i fusiformi, i traumatici ed i micotici; gli aneurismi sacciformi hanno caratteristiche sia eziologiche che anatomiche che li differenziano dagli altri, ad esempio tipicamente originano a livello di una biforcazione vasale, inoltre essi sono anche quelli che presentano la maggior incidenza ed il maggior interesse clinico, per tale motivo la trattazione che segue è rivolta esclusivamente a loro.
Parametri da considerare per classificare questi aneurismi sono i seguenti: sintomatico/non sintomatico, singolo/multiplo, precedente storia di ESA o meno, dimensioni del diametro massimo e del collo (in mm), localizzazione dell’arteria da cui nasce il collo nello spazio subaracnoideo od al di fuori di esso, forma uni/multilobulare, presenza di lobulazioni, anomalie arteriose associate quali asimmetrie del circolo di Willis, fenestrazioni, agenesie, od occlusioni vasali.
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La storia naturale dell’aneurisma cerebrale è data dalla sua rottura, e quindi dallo sviluppo di un’emorragia subaracnoidea, in dipendenza di molte variabili, come le dimensioni stesse dell’aneurisma, ed eventuali fattori precipitanti come l’ipertensione arteriosa. La prognosi di un’emorragia subaracnoidea, nonostante i notevoli miglioramenti nel trattamento medico e neurochirurgico è rimasta praticamente inalterata proprio per ciò si intuisce quale sia l’importanza dell’identificazione ed eventualmente del trattamento dell’aneurisma intracranico non rotto. La trattazione che segue si occuperà dunque in via principale dell’aneurisma intracranico non rotto, ovvero non ancora evoluto nella sua storia naturale verso l’emorragia subaracnoidea.
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Epidemiologia
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Sfortunatamente molti degli studi effettuati mancano di informazioni quali l’età dei pazienti, le misurazioni e la localizzazione degli aneurismi, e patologie eventualmente associate. Caratteristiche omogenee che si possono riscontrare in tali studi sono le dimensioni, che tendono ad essere maggiori per gli aneurismi rotti rispetto ai non rotti (3,9 versus 9,9 mm).
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Per quanto riguarda le localizzazioni degli aneurismi a bacca la circolazione anteriore è sicuramente la più di frequente coinvolta (85%), nello specifico essi si ritrovano nell’arteria cerebrale anteriore 30% (di cui 5% nella parte distale di questo ramo e 25% nella comunicante anteriore), nella carotide interna 30% (di cui 4% oftalmica, 18% comunicante posteriore, 4% biforcazione con la cerebrale media, 4%corioidea anteriore), e lungo il decorso della cerebrale media 25%. Il restante 15% situato nella circolazione posteriore è a sua volta differenziabile in: arteria cerebrale posteriore 2% (compresa la parte distale della comunicante posteriore), arteria basilare 10% (tronco 3%, biforcazione 7%) ed arteria vertebrale 3% (compresa l’arteria cerebellare postero inferiore).
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Molteplicità: gli aneurismi intracranici sono multipli nel 10-30% dei casi, sebbene l’incidenza sia estremamente variabile a seconda della popolazione di pazienti considerata, a seconda che i ritrovamenti siano chirurgici, radiologici od autoptici, ed infine a seconda siano valutati aneurismi rotti o non rotti. Ad ogni modo circa il 75% dei pazienti con aneurismi multipli presenta 2 aneurismi, il 15% ne presenta 3, ed il 10% ne presenta più di 3. Una forte predilezione del sesso femminile per gli aneurismi multipli è osservabile, infatti mentre complessivamente il rapporto maschio-femmina è di 1:5, il rapporto sale a 11:1 in pazienti con più di 3 aneurismi.
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Mortalità e complicanze: aneurismi intracranici rotti sono associati a tassi molto elevati di mortalità: all’incirca il 10-20%dei pazienti muoiono prima di aver raggiunto l’ospedale, circa l’8% muore per progressivo deterioramento correlato all’emorragia iniziale. In pazienti con emorragia subaracnoidea non trattata il rischio di risanguinamento è del 4,1% nel primo giorno, e dell’1,5% al giorno per le due settimane seguenti. A sei mesi il rischio è del 50% con mortalità del 70%. Altre complicanze molto serie in seguito a rottura sono l’idrocefalo, che può complicare un’ESA nel 15% dei casi, e l’ischemia cerebrale tardiva dovuta al vasospasmo (da contrazione riflessa), che compare tra la quinta e la dodicesima giornata che può essere più o meno grave in relazione all’estensione limitata alla sola sede dell’aneurisma o interessante una zona più vasta dell’albero vascolare.
Per l’aneurisma "integro" dobbiamo analizzare invece il rischio di rottura ad esso correlato.
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Patogenesi e fattori di rischio
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Molti studi hanno cercato di spiegare l’origine degli aneurismi intracranici. Inizialmente si credeva che l’origine di tali lesioni fosse esclusivamente genetica, congenita, e che perciò un’area di debolezza della tunica muscolare si originasse quando il sistema circolatorio embrionale si trasforma in quello dell’adulto attraverso l’involuzione di alcuni vasi sanguigni. Tuttavia svariati studi istologici e sperimentali hanno fallito nel tentativo di fornire un supporto scientifico a questa teoria. Molti studi si sono poi succeduti con l’intento di studiare fattori quali: la debolezza della tunica vascolare aneurismatica, l’esistenza di un locus minoris resistentiae e le conseguenti alterazioni istologiche, fissurazioni vasali, alterazioni di particolare rilievo a livello della lamina elastica interna o ancora la diminuzione delle cellule muscolari lisce per apoptosi. Altro ruolo cardine nel rimodellamento delle pareti vasali è giocato dai costituenti della matrice extracellulare, che studiati in condizioni sperimentali sembrano avere una maggior attività enzimatica locale nel vaso aneurismatico.
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Sebbene i vari passaggi nella patogenesi dell’aneurisma intracranico non siano ancora ben delineati, quest’insieme di dati sperimentali può schematicamente riassumersi nella combinazione di un’area di degenerazione della parete arteriosa di natura congenita che associata all’azione di stress emodinamico di natura acquisita conduce alla formazione dell’aneurisma.
Molti fattori di rischio sono stati correlati con lo sviluppo di aneurismi intracranici e con l’emorragia subaracnoidea correlata al loro sanguinamento, questi includono: ipertensione arteriosa, fumo di sigarette, sesso femminile, e predisposizione genetica. Pazienti affetti da malattie del tessuto connettivo come la sindrome di Marfan, la sindrome di Ehlers-Danlos, la malattia policistica del rene dell’adulto, la coartazione dell’aorta o la presenza di altre malformazioni artero-venose intracraniche hanno un’incidenza aumentata di aneurismi intracranici. Altre patologie meno frequentemente, ma comunque potenzialmente associate alla presenza di aneurismi intracranici sono la sindrome di Osler-Weber-Rendu, la sindrome Moyamoya, il deficit di alfa1-antitripsina, il lupus eritematoso sistemico, endocarditi batteriche, infezioni funginee, la neurofibromatosi tipo 1 e la sclerosi tuberosa. Non ultima un’anamnesi familiare positiva aumenta sensibilmente il rischio.
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Presentazione clinica
Aneurisma rotto: la maggior parte degli aneurismi rimangono asintomatici e costituiscono un reperto occasionale di indagini neuroradiologiche eseguite per altri motivi. Infatti rimangono tali fino alla rottura, evento improvviso a cui segue la formazione di un’emorragia subaracnoidea. In questo caso il paziente riferisce tipicamente di provare la peggior cefalea della propria vita, frequentemente dopo uno sforzo, a ciò possono associarsi segni di irritazione meningea quali rigor nucalis per la contrattura antalgica dei muscoli para-vertebrali, sindrome da ipertensione endocranica (edema papillare, nausea e vomito), segni neurologici focali per compressione dei nervi cranici passanti nelle cisterne in cui ha sede l’aneurisma, maggiormente coinvolti sono i nervi cranici II, III e IV, o per compressione dei nervi cranici passanti nel seno cavernoso, infine improvvisa perdita di coscienza. Il metodo più usato per classificare la severità clinica dell’emorragia subaracnoidea è la scala si Hunt ed Hess, che inoltre è stata vista correlare bene con la prognosi del paziente all’entrata in pronto soccorso.
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Grado 0: aneurisma non rotto
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Grado 1: paziente asintomatico o con minima cefalea e minima rigidità nucale
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Grado 2: cefalea da moderata a severa, rigidità nucale, nessun deficit neurologico eccetto che paralisi dei nervi cranici
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Grado 3: paziente sonnolento, confuso o con moderato deficit neurologico focale
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Grado 4: paziente stuporoso, moderata/severa emiparesi, iniziale rigidità decerebrata, disturbi autonomici
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Grado 5: coma profondo, rigidità decerebrata.
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Aneurisma non rotto: una sintomatologia dovuta ad un aneurisma che non sia associato ad emorragia subaracnoidea è relativamente non comune. Alcuni aneurismi possono provocare neuropatie craniche, un esempio delle quali potrebbe essere la paralisi del terzo nervo cranico dovuta ad un aneurisma della arteria comunicante posteriore. Altri sintomi meno comuni sono la perdita della vista per un aneurisma dell’arteria oftalmica che comprime il nervo ottico, crisi epilettiche, cefalea, emicrania continua.
e attacchi ischemici transitori o infarti cerebrali secondari al distacco di un embolo da un aneurisma gigante parzialmente trombizzato. Il cosiddetto aneurisma gigante (diametro massimo sopra il 2,5 cm) determina molto spesso una sintomatologia da effetto massa.
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Sintomi specifici sono stati associati a particolari localizzazioni dell’aneurisma:
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Arteria comunicante anteriore: localizzazione più comune di emorragia subaracnoidea dovuta ad aneurisma (34%). L’aneurisma in genere è silente fino alla rottura. La pressione soprachiasmatica può causare difetti nel campo visivo, abulia, mutismo acinetico, sindromi anmesiche o disfunzioni ipotalamiche. I deficit neurologici conseguenti alla rottura derivano da un emorragia intraventricolare (79%) un’emorragia parenchimale (63%), idrocefalo acuto (25%) o ictus ischemico dei lobi frontali (20%).
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Arteria cerebrale anteriore: escludendo la comunicante anteriore rappresentano il 5% di tutti gli aneurismi cerebrali. La maggior parte sono asintomatici fino alla rottura, sebbene sindromi frontali, anosmia e deficit motori possono essere notati.
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Arteria cerebrale media: rappresentano circa il 20% degli aneurismi intracranici, in genere nella prima o seconda divisione della fessura silviana. Afasia, emiparesi, emideficit sensitivo, anosognosia o difetti del campo visivo possono essere presenti.
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Arteria comunicante posteriore: aneurismi della giunzione tra la porzione terminale dell’arteria carotide interna e l’arteria comunicante posteriore rappresentano circa il 23% degli aneurismi cerebrali; possono avere un orientamento laterale, posteriore o inferiore a cui conseguono dilatazione pupillare, oftalmoplegia, ptosi, midriasi ed emiparesi.
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Arteria carotide interna: tali aneurismi rappresentano circa il 4%. Aneurismi sovraclinoidei possono causare oftalmoplegia a causa della compressione del III nervo cranico o diversi difetti visivi ed atrofia ottica dovuti alla compressione del nervo ottico; la compressione del chiasma ottico può causare emianopsia temporale. Ipopituitarismo od anosmia possono essere visti in pazienti con aneurismi giganti. Aneurismi cavernoso-carotidei possono esercitare un effetto massa all’interno del seno cavernoso, determinando oftalmoplegia e deficit sensitivo facciale. La rottura di questi aneurismi classicamente produce una fistola carotico-cavernosa, emorragia subaracnoidea o epistassi.
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Arteria basilare: questi aneurismi sono i più comuni della circolazione posteriore, rappresentando il 5% del totale. Segni clinici sono presenti in seguito all’emorragia subaracnoidea, sebbene emianopsia bilaterale o paralisi dell’oculomotore possano verificarsi.
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Arteria vertebrale ed arteria cerebellare postero-inferiore: atassia, disfunzione bulbare o coinvolgimento spinale sono i segni più frequenti.
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Diagnostica Strumentale
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I progressi nelle tecniche di neuroimaging degli ultimi venti anni hanno modificato in maniera sostanziale la diagnosi di un aneurisma intracranico. Tecniche dirette alla visualizzazione degli aneurismi si sommano a tecniche rivolte allo studio del parenchima fornendo una quantità di informazioni che aiutano nella pianificazione dell’intervento.
Le tre principali modalità oggi usate per studiare le dimensioni, la localizzazione e la morfologia degli aneurismi intracranici sono: TC a strato sottile dopo iniezione di mezzo di contrasto abbinata all’utilizzo di speciali software (angio-TC), angiografia a risonanza magnetica (angio-RM) ed angiografia digitale a sottrazione.
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Come metodo iniziale preferito per la valutazione di aneurismi intracranici non rotti in pazienti con storia familiare positiva per emorragie subaracnoidee o aneurismi cerebrali o in pazienti con fattori di rischio per aneurismi, può essere utilizzato pressoché indifferentemente sia l’angioTC che l’angioRM, mentre l’angiografia digitale a sottrazione resta la modalità preferita sia in pazienti in cui sia richiesto uno studio più dettagliato, sia in pazienti con emorragia subaracnoidea, sebbene anche l’angioTC sia stata usata in quest’ultimo contesto
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L'angioRM è un'ottima metodica in caso di screening per aneurismi endocranici (esempio: familiarità). Infatti è un esame non invasivo, di breve durata (20 minuti circa), che non richiede l'impiego di mezzo di contrasto, né prevede l'utilizzo di radiazioni ionizzanti. L'angioRM è in grado di studiare con accuratezza aneurismi intracranici anche di piccole dimensioni, permettendo una risoluzione massima di circa 1-2 mm, che può tuttavia variare in funzione della forma, della morfologia, della sede e delle caratteristiche della sacca aneurismatica stessa.
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L'angioTC è un'esame non invasivo, che richiede infatti solamente un accesso venoso al braccio (come un prelievo ematico), estremamente rapido (3 minuti circa), che mediante la somministrazione di mezzo di contrasto iodato permette una più accurata valutazione della vascolarizzazione cerebrale, di eventuali aneurismi o malformazioni vascolari, previo l'utilizzo di appositi software di ricostruzione delle immagini.
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L’angiografia digitale a sottrazione d’immagine (DSA), continua ad essere il criterio diagnostico standard per mostrare e delineare le caratteristiche di un aneurisma cerebrale, soprattutto in caso di determinati dubbi diagnostici, o come planning per un eventuale trattamento endovascolare. Alcuni progressi nella tecnologia strumentale, soprattutto l’angiografia rotazionale 3D, hanno aumentato la sensibilità di tale metodica nello studio dell’anatomia dell’aneurisma. Le immagini sono acquisite a 360° e possono essere rotate nelle tre dimensioni spaziali, dando una rappresentazione molto più accurata dell’aneurisma, soprattutto se paragonata all’angiografia su due dimensioni.
Rimane da sottolineare anche il concetto di come, pur rimanendo il gold standard diagnostico, non sia possibile assumere l’angiografia digitale come test diagnostico di screening per aneurismi cerebrali, dato le sue caratteristiche di invasività.
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Aneurisma cerebrale ed il rischio di rottura
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L’aneurisma cerebrale non rotto, soprattutto per quanto riguarda la sua gestione clinica, rimane uno degli argomenti più dibattuti in neurochirurgia e neuroradiologia interventistica.
Infatti un numero vastissimo di studi clinici ha cercato di individuare dei parametri “standard” a cui attenersi per il trattamento dell’aneurisma cerebrale non rotto, cercando di fornire indicazioni precise riguardo la decisione di effettuare un trattamento conservativo, e quindi seguire l’evoluzione nel tempo di tali lesioni, o di effettuare un trattamento invasivo per trattare in maniera definitiva la lesione sia dal punto di vista chirurgico che neurointerventistico endovascolare.
La decisione deve essere sempre presa valutando il rapporto tra quelli che sono i benefici del trattamento ed i rischi correlati ad esso, in altre parole il rapporto tra la probabilità di rottura e ed il rischio di complicanze associate all’intervento.
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In linea di massima possiamo dire che:
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le dimensioni sono un fattore determinante
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aneurismi di piccole dimensioni presentano un rischio di rottura generalmente basso
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Nonostante ciò non si capisce ancora quale sia la dimensione critica, oltre la quale il rischio aumenta esponenzialmente, tanto da privilegiare un trattamento chirurgico al più presto. Per rispondere a questa e ad altre domande nasce l’International study of unruptured intracranial aneurysms (ISUIA), con l’appoggio del National Institute of Neurologic Disorder and Stroke (NINDS).
Sotto questo aspetto la pubblicazione dei dati provenienti dallo studio internazionale sugli aneurismi non rotti (ISUIA) è stato un evento epocale, infatti questo studio di larga scala, nel quale hanno partecipato 53 centri diversi degli Stati uniti, Canada ed Europa, ha inaspettatamente dimostrato un bassissimo tasso di rottura annua per aneurismi al di sotto di 10 mm di diametro massimo, in pazienti senza precedente storia di emorragia subaracnoidea dallo stesso o da lesioni associate.
Tuttavia lo studio ISUIA ha provocato numerose critiche in primis da parte di neurochirurghi, ma non solamente, soprattutto a fronte di una comune pratica clinica nella quale si affrontano un gran numero di pazienti con emorragia subaracnoidea che presentano poi effettivamente aneurismi di lesioni ridotte. Effettivamente altri studi riportano tassi di sanguinamento nettamente più elevati anche se il numero di pazienti analizzati è sempre ridottissimo rispetto allo studio ISUIA.
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Opzioni Terapeutiche
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Esistono tre opzioni per il trattamento degli aneurismi intracranici: osservazione, craniotomia con clipping (intervento neurochirurgico), e occlusione endovascolare con l'uso di spirali staccabili (intervento endovascolare). Tutti gli aneurismi rotti (grado Hunt e Hess da 1 a 4) sono trattati precocemente, generalmente entro 72 ore. Si discute su come trattare i pazienti con il grado più grave (Hunt e Hess 5); l'incidenza storicamente elevata di esiti sfavorevoli nonostante il trattamento ha spinto a suggerire una gestione conservativa a meno che non si verifichino miglioramenti clinici. Tuttavia, prove recenti supportano l'uso della terapia aggressiva per la maggior parte di questi pazienti, incluso il posizionamento di un drenaggio ventricolare e la protezione dell'aneurisma mediante clipping o coiling.
L'intervento endovascolare è sempre più comune come alternativa meno fisiologicamente stressante all'intervento neurochirurgico classico dell'aneurisma in questo sottogruppo di pazienti, che hanno già gravi lesioni cerebrali.
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Gli aneurismi non rotti che vengono scoperti per caso vengono osservati o trattati in modo elettivo, a seconda del paziente, delle dimensioni e dello stato dell'aneurisma, e dei fattori di rischio correlati a tale patologia. L'osservazione consiste nell'imaging periodico di follow-up e nelle visite mediche per rivedere gli studi.
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Nell'intervento endovascolare standard un microcatetere viene fatto avanzare nell'aneurisma ed al suo interno vengono posizionate spirali metalliche a rilascio controllato, di varie dimensioni e forme, per determinare trombosi della sacca aneurismatica ed escluderla dal circolo cerebrale. Al giorno d'oggi, grazie all'evoluzione delle tecnologie e dei materiali disponibili in neuroradiologia interventistica, quasi tutti gli aneurismi endocranici possono essere trattati per via endovascolare, in maniera mini-invasiva, evitando l'intervento neurochirugico classico e le conseguenti manipolazioni del cervello. L'utilizzo infatti di micropalloni, stent, stent a diversione di flusso (flow-diverter), ed altri materiali permette di trattare aneurismi con difficile anatomia, con colletto largo o con vasi parenti che originano in prossimità della sacca stessa.
In casi selezionati, tuttavia, l'intervento neurochirurgico può trovare indicazioni più appropriate rispetto a quello endovascolare; ovviamente la scelta va fatta caso per caso, e cocorita in accordo tra il paziente, il medico neuroradiologo interventista ed il neurochirurgo.
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RM encefalo, immagine T2-w coronale (a sinistra) e FLAIR assiale (a destra), che documenta un aneurisma gigante del tratto cavernoso della carotide interna destra. Date le dimensioni questo aneurisma è ben visibile anche allo studio morfologico, senza bisogno di angio-RM
Angio-RM senza somministrazione di mezzo di contrasto, ricostruzione 3D. Piccolo aneurisma di terminazione carotidea (freccia rossa).
TC senza mezzo di contrasto (immagine a sinistra) che documenta un grosso aneurisma del tratto terminale della carotide interna.
Angio-TC, ricostruzioni multiplanari (immagine al centro) e 3D-volume rendering (immagine a destra), permettono di visualizzare l'aneurisma e l'anatomia del circolo arterioso intracranico.
Angiografia digitale a sottrazione: sulla sinistra immagini in proiezione frontale e laterale, durante iniezione selettiva del mezzo di contrasto in arteria carotide interna destra, che mostrano un aneurisma di carotide interna nel tratto terminale.
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Le immagini sulla destra, acquisizione rotazionale 3D durante iniezione selettiva di mezzo di contrasto in arteria carotide interna destra, documentano con più precisione la morfologia complessa delle sacche anuerismatiche (frecce rosse).
Slide che riassume il decorso di una paziente trattata per aneurisma del tratto oftalmico della carotide interna sinistra, con posizionamento di uno stent a diversione di flusso. RM pre- e post-operatoria. Angiografia pre- e post-operatoria.
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